Lotus Esprit S1



Siete Roger Moore. Carismatici, affascinanti, e belli come un dio, tutte le donne cadono ai vostri piedi e i cattivi di mezzo mondo vogliono farvi fuori. Ma voi avete una Lotus Esprit S1, ed è tutto quello che potreste desiderare nella vita.

Lanciata nel 1975, nata dalle linee dritte di Giorgetto Giugiaro, doveva chiamarsi inizialmente Kiwi. Il perché? Il suo grosso musone infinitamente lungo e basso ricorda quello dello strano animale neozelandese. Si deve essere strafatti di acido per pensare ad una cosa del genere. Grazie al cielo la Lotus, però, mettendo da parte le sua dipendenza da sostanze stupefacenti, decise di tener viva la tradizione e continuare a chiamare i suoi modelli con qualsiasi parola che inizi con la E. Ma mi piace pensare che il motivo sia stato, in fin dei conti, che il Kiwi sia di gran lunga più veloce di questa auto.


Con una velocità massima che tocca con difficoltà i 210 km/h, erogata dal motore centrale a 4 cilindri in linea, 16 valvole, e dai suoi 160 cavalli, si va da 0-100 km/h in circa 8 secondi o poco più. E dandole una prima occhiata, vi starete chiedendo “Cosa si può volere di più da questa enorme Lotus?”. Sbagliato. Il fatto è che la Esprit pesa poco più di 1000kg (1033 ad essere pignoli), perché costruita in fibra di vetro, e se le intenzioni della Lotus erano davvero quelle di concorrere fianco a fianco con le allora Urraco, 308 GT e 911 Lux, il prezzo relativamente economico da solo non bastava. Per dare un pizzico di comicità al tutto, sono stati montati dei freni eccellenti la cui efficacia è paragonabile solo all’andare a sbattere contro un muro. Perché? Perché fare una cosa del genere? Perché scomodarsi a montare dei così ottimi freni su un auto che non riesce a superare un Kiwi?

A compensare questa mancanza di velocità e potenza, c’è una linea ed uno stile che sono la risposta a “Cosa ricordi degli anni ’70?”. La leggenda vuole che la bellezza di quest’auto era talmente grande che la Lotus, ai provini per decidere quale veicolo adoperare per il film “La spia che mi amava” di James Bond, decise semplicemente di parcheggiarla all’esterno degli studios di Pinewood, e lasciarla parlare da sé. Il risultato lo conoscete tutti.
Lo stile degli interni non è da meno. Troverete un po’ di difficoltà nell’entrare e nell’uscire, dovrete appoggiarvi alla soglia, laddove hanno deciso di posizionare il freno a mano e il posacenere, con l’unica intenzione di farvi cadere e farsi una grossa risata. Una volta dentro, ci si accorge che il comfort non è dei migliori, si viene assordati dal rumore troppo alto del motore, e ci si domanda in quale astronave fatta male di quale antico film di fantascienza abbiate già visto il cruscotto dietro il volante.

Se avete 20.000€ da spendere, e siete un nostalgico dei seventies, questa è l’auto che fa per voi. Raccomando solo di non provare a gettarvi giù da un molo e aspettare che si trasformi in un mini sottomarino, perché non avverrà. A meno che non siate stati proprio voi ad aver acquistato all’asta, per più di 150.000€, la vettura originale utilizzata dall’agente 007 nel film. Ma a quel punto vi ritrovereste a combattere con una modella mozzafiato che vi fa l’occhiolino mentre vi insegue a colpi di mitragliatrice pilotando un elicottero. Sfortunati? Questione di punti di vista.


LittleTimmy